martedì 8 luglio 2008

Fratelli (d’)Italia


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di Pierluigi Fauzia
(Studente universitario)



Vorrei raccontare una storia.

In un’officina a conduzione familiare ci sono tre fratelli, di cui due sono gemelli.

Uno dei due gemelli, che chiameremo Legge, fa il direttore dell’officina,tiene la contabilità, detta i tempi di lavoro e dice agli altri due se le cose vanno fatte e come farle.

L’altro dei due gemelli, che chiameremo Governo, fa il factotum, sbriga gli affari che dice di fare Legge (con il quale va d’accordissimo), cura i rapporti con la clientela e siccome è grande grosso e muscoloso si mette di mezzo quando c’è qualcuno che vuole fare il furbo o il prepotente.

Poi c’è il terzo fratello che chiameremo Giudiziario. Lui, nell’officina, fa il meccanico.

A lui tocca aggiustare le macchine che gli portano clienti come e quando gli dice di fare Legge.

Ora, Legge, dato che non può stare sempre appresso a tutto, ha fatto dei regolamenti dell’officina in cui dice come si devono comportare (ma proprio minuziosamente!) i due fratelli.

Questa officina ha una particolarità: quando è stata fondata dal papà dei tre, siccome lui teneva molto alla clientela e non voleva fare brutta figura, aveva stabilito che i regolamenti sarebbero potuti cambiare a discrezione di Legge, ma le macchine si sarebbero dovute aggiustare sempre e comunque.

Giudiziario quindi, quando gli portano la macchina da aggiustare, non può dire non c’ho il pezzo o mi manca l’attrezzo. Lui la deve aggiustare e punto.

Quindi se manca il cacciavite a stella, Giudiziario,dato che la vite la deve avvitare userà il cacciavite americano.

Certo la vite può spanarsi e addirittura non uscire più; però finché la macchina può camminare e si tratta di dettagli.

Ora succede che però Legge e Governo sono ormai abituati a fare solo il loro lavoro e nell’indotto non ci vanno più, neanche per salutare il fratello.

Si, è vero, ci sono i figli di Governo che gli danno una mano, ma sono tutti ragazzi e sui motori, per regolamento, ci può mettere mano solo zio Giudiziario.

Sta di fatto che a forza di restare chiusi nei loro uffici, i due gemelli, si sono scordati proprio come si aggiusta una macchina e nonostante tutto continuano a dire a Giudiziario come deve fare il suo lavoro.

Giudiziario si ricorda che suo padre, che ha fondato l’officina 60 anni prima, in punto di morte gli ha fatto giurare che avrebbe ascoltato sempre Legge che era il più intelligente dei tre, e che qualunque cosa avesse detto di fare, lui, l’avrebbe fatta; si sa che certe promesse non si possono non mantenere.

Per cui accade che, col tempo, Legge e Governo decidono di cambiare le regole e di fare aggiustare le macchine a Giudiziario nei modi più strambi, anche se credono che il “cilindro” sia un cappello.

Giudiziario prova a parlargli, a spiegargli che le chiavi inglesi sono fondamentali per aggiustare i motori e che se gliele levano lui dovrà usare i denti.

Prova a dirgli che una macchina non si può riparare in due giorni, che siccome deve pagare tutte le forniture gli servono più soldi altrimenti dovrà iniziare ad aggiustare meno macchine e che la qualità degli ultimi interventi si è abbassata molto, ma nonostante tutto continua a lavorare facendo il possibile.

I clienti, intanto, hanno iniziato a lamentarsi perchè loro pagano per un lavoro che fa schifo, perchè le macchine spesso escono peggio di com’erano entrate e molti iniziano a pensare di andare nell’officina del paese vicino o alcuni, i più temerari, vogliono aprire una nuova officina accanto a quella dei tre fratelli.

Ma la nota comune a tutti è che danno la colpa a Giudiziario.

Per loro è colpa sua se le macchine non funzionano o funzionano male.

Giudiziario prova a spiegargli come stanno le cose, ma loro non ne vogliono sapere.

Anche perchè, tra l’altro, i due gemelli in fin dei conti non l’hanno mai potuto vedere di buon occhio.

Sarà perchè il papà morente fece loro promettere che, anche se Giudiziario doveva ascoltarli, Legge e Governo non avrebbero mai potuto mettere mano sui motori; oppure sarà per il fatto che Giudiziario è pignolo e Legge e Governo li vuol far pagare come tutti gli altri, sta di fatto che da un po’ di tempo fuori dall’officina c’è un cartello con scritto: “Tutti i ritardi e le mancanze nella realizzazione e nella consegna sono addebitabili interamente a Giudiziario”.

Per cui Giudiziario è lì che si prende tutte le responsabilità dell’officina.

Ora succede che un giorno i due gemelli decidono che per aggiustare le macchine si possono utilizzare solo strumenti meccanici e che le macchine inferiori ad una cilindrata di 1000 c.c. si possono aggiustare tra un anno.

I clienti vengono rassicurati: “Tranquilli” gli dicono i due “questa cosa è utile: spenderemo meno per le attrezzature e faremo pagare meno anche a voi. Portare la macchina a riparare adesso sarà pure più bello”.

A quel punto Giudiziario sentendosi preso in giro, va dai due fratelli e gli dice: “Sentite, io potrò pure usare solo mezzi meccanici, però le macchine moderne c’hanno tutte impianti elettronici di ultimo modello: quelle come le aggiusto? Guardate poi che sotto i 1000 c.c. ci sono le utilitarie; le macchine della maggior parte dei clienti sono di quella cilindrata: tra un anno mi troverò con una mole di lavoro incredibile e io non ce la potrò fare. Scoppierà il caos”.

Legge e Governo a quel punto davanti a tutti i clienti iniziano a gridare: “Vedi, siamo sempre lì! Devi smetterla! Se fossi un bravo meccanico sapresti ripararle anche ad occhi chiusi. La verità è che vieni qui a rubare lo stipendio e noi siamo stanchi! Sai solo farci spendere più soldi, e poi è da sempre che vuoi prenderti l’officina! Ti sembra che non l’abbiamo capito?! Da quando c’hai aggiustato le macchine ed hai pure avuto il coraggio di chiederci i soldi!!! A noi che siamo tuoi fratelli!!! Questo è incredibile, dal momento che sai che papà, buonanima, ti ha detto di fare come ti diciamo noi e tu non puoi permetterti di sovvertire l’ordine scelto da papà ...”.

Risponde Giudiziario: “Ma io non voglio e non posso imporvi nulla; vi ho detto solo come andrà a finire e siccome le macchine le aggiusto io e c’ho una qualche esperienza: ragionate ne va della credibilità non solo mia, ma dell’officina e della nostra famiglia”.

“No !!”, continuano i due, “la verità è che tu ci odi e che fai cose che non puoi fare!!”

I clienti che assistono alla scena iniziano a mormorare tra loro:

“Hai sentito?!Voleva farli pagare!!”

“Ma chi??”

“I suoi fratelli,sangue del suo sangue!!Ma ti rendi conto?!”

“Certo! E siccome loro giustamente non hanno pagato ora gli vuole prendere pure l’officina!!!”

Giudiziario è lì che non sa più se sogna o se è sveglio e si stropiccia gli occhi incredulo.

Gli inizia a mancare l’aria.

La rabbia è tanta, anche perchè sentir dire cose come quelle sul proprio conto non è bello quando si sa che non sono vere. Se si aggiunge a questo che i clienti non lo vogliono ascoltare e quando lui prova ad aprire bocca non lo lasciano neanche parlare, si può ben capire perchè si sia messo ad urlare.

“Ascoltate!!” – tuona gridando – “non è vero quello che vi stanno dicendo, ragionate!! ... Dimmi tu, tu che parli tanto e che ieri sei venuto a portarmi la tua 850: lo sai tu che se ti si rompeva domani, potevi camminare per un anno a piedi??! ... E tu, tu che parli senza sapere cosa dici ... tu forse non lo sai, ma nostro padre (e Legge e Governo questo lo sanno!) c’ha fatto promettere che tutti in questa officina avrebbero pagato. Tutti: proprietari e clienti allo stesso modo!!”

Ma fu lì che avvenne l’inaspettato.

Infatti, sebbene i clienti sembrassero capire, vuoi per l’abitudine al cartello, vuoi perchè Legge e Governo erano tanto bravi da sembrare sinceri, vuoi perchè in fondo forse non volevano accettare la verità, si convinsero che quella fosse la conferma di quanto dicevano i gemelli, i quali di fronte alla reazione di Giudiziario non facevano che ripetere: “Vedete?! Siete tutti testimoni! L’usurpatore si agita così tanto perchè ha la coda di paglia!”

Qual’è la morale, vi state chiedendo?


“Quantunque il simular sia le più volte
ripreso, e dia di mala mente indici,
si trova pur in molte cose e molte
aver fatti evidenti benefici,
e danni e biasmi e morti aver già tolte;
chè non conversiam sempre con gli amici
in questa assai più oscura che serena
vita mortal, tutta d’invidia piena”.


Orlando Furioso (canto IV, ottava I)




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La foto è tratta dal sito
www.quadrifoglioverde.com

12 commenti:

Andrea ha detto...

Complimenti!

Anonimo ha detto...

Caro amico,
vieni una mattina in udienza, a 40°senza climatizzatore. Trova un GOT che sostituisce il giudice togato che è già in ferie. Sentiti dire che la tua causa è rinviata al 2009. Poi vedremo se continuerai a credere che "Giudiziario" abbia il minimo interesse a "riparare le macchine". Auguri.
(A proposito: credo che il principio della separazione dei poteri dello stato sia un'altra cosa!!).

Anonimo ha detto...

Bel post. Complimenti.
Comunque non vi preoccupate... ci sono clienti dell'autofficina (seppur in minoranza) che si fidano ancora di giudiziario. Sono quei clienti che il cartello appeso fuori non lo guardano più perché sanno che è sotto le mani di governo che sicuramente lo userà a suo vantaggio. Sono quei clienti che conoscono tutte le macchine rotte di governo e la sua voglia di farsele passare gratis. Sono quei clienti che vengono direttamente in officina attraverso internet ad informarsi davvero. Sono quei clienti che oggi manifesteranno in piazza a Roma contro la mala gestione da parte di Governo che rinnega suo padre e vuole mettere i fratelli ai suoi piedi.

La speranza di un autofficina migliore, giusta, efficiente non muore mai.

"Uguale per tutti" ha detto...

Per Anonimo delle 10.22.

Lei scrive:
"Caro amico,
vieni una mattina in udienza, a 40°senza climatizzatore. Trova un GOT che sostituisce il giudice togato che è già in ferie. Sentiti dire che la tua causa è rinviata al 2009. Poi vedremo se continuerai a credere che "Giudiziario" abbia il minimo interesse a "riparare le macchine". Auguri".

Dunque, le "accuse" che Lei muove a Giudiziario sono tre:

1 - "Vieni una mattina in udienza, a 40°senza climatizzatore".

L'accusa è palesemente ingiusta, perchè installare i climatizzatori non è nel potere dei giudici, i quali anch'essi subiscono lo stesso caldo degli utenti. Nell'apologo di Pierluigi Fauzia, dotare l'officina di mezzi è compito di "Governo".

2 - "Trova un GOT che sostituisce il giudice togato che è già in ferie".

Qui, invece, per un verso Lei dice cosa non vera o vera, ma narrata in modo tendenzioso. E per altro verso ancora una volta si tratta di responsabilità di altro fratello.

Il periodo feriale, infatti, è fissato da una legge (è la legge 7 ottobre 1969, n. 742) - il fratello, in questo caso è Legge - e inizia l'1 agosto.

Come sanno tutti coloro che conoscono questa materia, il periodo feriale non è stato voluto per i giudici (che, comunque, come tutti i lavoratori, hanno diritto alle ferie), ma per gli avvocati.

Dunque, nessun giudice oggi è "già in ferie" come dice Lei.

Ci sono alcuni giudici che possono essere in ferie. Ma non "già", come suggestivamente e tendenziosamente dice Lei.

Possono essere in ferie solo i giudici che resteranno in servizio ad agosto.

Perchè l'officina nella quale lavora Giudiziario ha riparazioni urgenti che si fanno anche d'estate.

Dunque, dall'1 agosto avvocati e magistrati vanno in ferie.

I magistrati in quel periodo si scrivono le sentenze arretrate.

Alcuni magistrati restano in servizio, perchè i tribunali restano in funzione per tutte le pratiche che non si fermano neppure d'estate: per esempio i processi con imputati detenuti.

Comprenderà che i magistrati che restano in servizio ad agosto le ferie devono prenderle in un altro momento (o non gliele vogliamo dare?). Luglio può essere quel momento.

3 - "La tua causa è rinviata al 2009".

E se ne lamenta?

Magari potessimo rinviare SOLO al 2009.

Considerato il carico numerico di lavoro il 2009 è subito.

Io che le scrivo ho - DA SOLO - un carico di 840 processi.

Per evaderli tutti entro il 2009 dovrei scrivere 1,55 sentenze al giorno per ogni giorno da oggi al 31.12.2009, senza ferie, senza domeniche, e soprattutto senza fare altro, tipo sentire i testimoni, adottare i provvedimenti istruttori, leggere i fascicoli, adottare provvedimenti cautelati eccetera.

Deve anche sapere che non puoi scrivere una sentenza al giorno, neppure se non avessi altro da fare e non andassi né in ferie né la domenica a Messa perchè per scrivere alcune sentenze basta un giorno, ma per molte ce ne vogliono due o tre e per alcune anche tutta una settimana.

In definitiva, le Sue accuse sono la migliore conferma dello scritto di Pierluigi Fauzia che Lei voleva contestare.

La Redazione

Anonimo ha detto...

La storia di Pierluigi è davvero carina ed a Lui rivolgo per la seconda volta i miei complimenti.
Davvero elevata.

Colgo l'occasione per segnalare in questa sede il contenuto di una sentenza, che vi pregherei dileggere, perchè la stessa presenta degli spunti di riflessione sul modo, un po' contorto, in cui talvolta GIUDIZIARIO esercita il suo potere.

Posto pertanto qui - ancorchè non ci sia un collegamento immediato con il topic - l'indirizzo dove potrete reperire la sentenza, di cui vi prego di prendere lettura.

E' questo:

http://www.cortedicassazione.it/Documenti/17931.pdf

ed è raggiungibile anche cliccando qui.

I motivi di interesse sono due.
Il primo è costituito dai fatti che in essa sono contenuti che offrono spunti di collegamento con un'altra favola pubblicata su questo sito sotto il nome de: “La triste storia del Re Leonzio” (a chi fosse sfuggita ne consiglio una ingorda lettura).

Il secondo invece, quello che mi intriga di più e che potrebbe essere un po' più solleticante per gli addetti ai lavori, inerisce ad un possibile esempio di burocratico sbarramento alla giustizia, ed ha ad oggetto il cd. "quesito di diritto" che da qualche anno a questa parte deve essere contenuto nel ricorso per cassazione pena la sua inammissibilità.
Ebbene rispetto a questo, la Corte ed in particolare le Sezioni Unite hanno tracciato dei confini talmente personalizzabili da potere di poi utilizzare lo strumento del quesito per sostenere la procedibilità del ricorso a seconda delle evenienze.
La interpretazione data dalla Suprema Corte ad una disposizione che era stata introdotta per esaltare il ruolo attribuito alla Cassazione stessa quale giudice delle leggi, e quindi per rendere più complessa la formulazione del ricorso in termini di mero “merito”, è stato interpretato in modo talmente burocratico da rendere l'accesso al giudizio davvero un terno al lotto.
Pensate che nella sentenza di cui ho indicato l'indirizzo la Corte arriva a dire che il quesito è formulato genericamente perchè è disancorato dalla fattispecie concreta, ed a nulla vale il fatto che la fattispecie concreta ed il suo collegamento con il quesito siano chiaramente ricavabili dalla lettura della parte motiva del ricorso, perchè il quesito deve essere autonomamente idoneo a collegare la fattispecie con le ragioni in diritto del ricorso.
In altre parole la Corte afferma: non è sufficiente che tu mi spieghi nella parte motiva le ragioni di cui ti duoli in concreto relazionandole con le disposizioni di legge che ritieni violate. Quando formuli il quesito non devi limitarti a sollecitarmi la formulazione di un principio di diritto (che per sua intrinseca natura deve essere astratto) in forma astratta, da me lo devi sollecitare in relazione al tuo caso concreto.
E non venirmi a dire che lo hai già fatto nelle pagine precedenti a quella che contiene la formulazione del principio di diritto, lo devi rifare quando formuli il quesito.
Altrimenti se non lo rifai, siccome a me costa troppa fatica ricordarmi quando leggo la pagina 10 quello che avevi scritto fino a pagina 9, non ti esamino proprio il ricorso.

Un altro pesce si è incastrato nella rete della mia memoria.
Da oggi in poi quando formulerò quesiti di diritto andrò nel panico.
Forse riscriverò daccapo in sede di quesito tutto quello che avevo già scritto nella parte motiva del ricorso.
Vi ricordate del discorso che facevo a proposito della mentalità.

Se puta caso la mia sensazione fosse la sensazione dei più, e se puta caso ci fosse una punta di sadismo nella logica delle Sezioni Unite, in quale sede e con quali mezzi noi piccoli mestieranti del diritto potremmo far valere le ragioni della ragionevolezza ?

Potrei avere torto e potrei non avere capito nulla di quanto ha affermato la Corte.
In questa seggono le migliori espressioni della magistratura.
Ho quindi il vago sospetto che in me ci sia qualcosa di sbagliato.

Forse sono davvero un sostanzialista da strapazzo.

Ora vado a finire una conclusionale che se no, La Redazione mi dovrà assumere, per assicurarmi almeno il vitto e l'alloggio :)

Unknown ha detto...

Complimenti anche da parte mia all'autore per questo scritto.

Molto suggestiva la metafora che rende bene come l'officina Italia sia ridotta a brandelli..

saluti

indiano

Anonimo ha detto...

Alessandra Per io speriamo che:)
Mi faccia gli auguri.
Abbiamo riformulato i motivi di cassazione della mia causa ultratrentennale secondo i nuovi orientamenti.
Se anche voi avvocati esperti siete in difficoltà davanti a queste novità cosa succederà delle nostre ragioni?
Alessandra

Vittorio Ferraro ha detto...

A Pierluigi i miei complimenti. Sinceri

La Giustizia è al collasso perchè il fratello esecutivo non investe in questo settore come dovrebbe. Per far funzionare il sistema occorrono risorse economiche: assunzione di personale di cancelleria ed ufficiali giudiziari; strutture efficienti; dotazione di strumenti tecnologicamente avanzati; assunzione di un numero maggiore di magistrati e meglio retribuiti; più tentativi obbligatori di conciliazione nelle diverse materie (permettetemi: con il riconoscimento economico per l'opera prestata dall'avvocato (sarà un ottimo incentivo): non quella farsa del tentativo obbligatorio di conciliazione in materia di lavoro o, peggio, il non riconoscimento degli onorari di avvocato in materia di indennizzo diretto); una produzione normativa che coinvolga in maniera razionale tutto il sistema processuale e non singoli interventi correttivi che servono a ben poco; per il civile riduzione e semplificazione dei riti (sono troppi!)...
Vi sono anche altri interventi; ma mi fermo qui.
Per il civile. Ai voglia a rattoppare il codice! Un esempio: si pensi alle modifiche degli art. 180-183-184 cpc. Hanno indubbiamente snellito e velocizzato il processo: si sono eliminate alcune udienze inutili: un guadagno di circa un anno e mezzo due anni. Però: se il numero dei giudici resta lo stesso, se il carico delle cause iscritte a ruolo è lo stesso, se ogni giudice continua ad avere sul proprio ruolo centinaia di cause, come possiamo pensare di aver sortito benefici? Infatti, se prima l'udienza di precisazione delle conclusioni era fissata ad un anno, oggi è fissata a tre anni. Per forza! Se il numero dei processi è lo stesso - se non in aumentato - come possiamo sperare di finire una causa in minore tempo?! Ecco che i problemi da risolvere sono a monte. Io ho elencato solo alcuni interventi da farsi. Il principale resta quello di effettuare maggiori investimenti economici nel settore giustizia contemporaneamente ad una produzione normativa adeguata e razionale.
"La Giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge." "La legge ne assicura la ragionevole durata."
Lo prevede la Carta Costituzionale.

io che speravo che :( ha detto...

@ Alessandra

Carissima Alessandra Le formulo i miei migliori auguri per un felice accesso al vaglio del giudice delle leggi.

Il pesce che stavolta si è infilato nella mia rete è talmente grande che non riesco davvero capirne la provenienza. Non so davvero da quali mari provenga, e se sforzo le mie meningi riesco a trovare una sola risposta plausibile.

Faccio una premessa tanto ovvia quanto però dovuta.
La Suprema Corte partorisce nella stragrande maggioranza dei casi sentenze ottime sia in termini di contenuti che di forma (alcune sono dei veri e propri saggi di diritto da far restare senza parole per quanto sono ineguagliabilmente convincenti).
Talvolta però anche la Suprema Corte assume decisioni che offrono ampi margini di critica. E nel caso di specie, quella che avevo segnalato, mi sembra un chiaro esempio di come anche la donna più bella ed affascinante possa partorire creature mostruose.

Probabilmente in questa occasione la Corte riteneva corretta la decisione impugnata e poichè nel procedimento si era creato un vulnus formale, ha ritenuto di salvare una decisione (quella che Le si chiedeva di cassare) sostanzialmente corretta ma formalmente claudicante, con l'uso di un cavillo formale (che però potrebbe creare i famosi errori seriali).

Non so darmi altre spiegazioni perchè quando leggo affermazioni come le seguenti mi si gela davvero il sangue nelle vene:

“Un quesito di diritto – si è detto - che non sia strutturato in modo da consentire immediatamente di cogliere, senza l’ausilio del contenuto del ricorso, la connessione delle regola di diritto con i fatti oggetto della decisione non consentirebbe al giudice di stabilire in base alla sola sua formulazione (non potendosi desumere il quesito dal contenuto del motivo o integrare il primo con il secondo, pena la sostanziale abrogazione dell’art. 366 bis c.p.c. – cfr. in tal senso Cass. 6420/2008 resa a Sezioni Unite) se un dato principio di diritto sia o meno applicabile al caso concreto”.

Non so davvero cosa pensare e dal basso della mia condizione mi auguro che nessun cittadino possa vedere precluso il proprio diritto al terzo grado del giudizio per ragioni così barocche.

La Redazione mi perdonerà se sono tornato in argomento, non vorrei che la mia sembrasse una ossessione, ma tra i problemi che affliggono la giustizia, quello della mentalità burocratica è annoverabile tra i meno visibili, ma tra i più perniciosi, soprattutto se il barocchismo viene esercitato dal vertice della piramide.

L’art. 360 bis - che trascrivo appresso - non prevede da nessuna parte che il quesito di diritto non possa essere integrato con il contenuto del ricorso, anzi una attenta lettura della norma suggerisce l’esatto contrario.

Trascrivo il testo dell’articolo.

“Nei casi previsti dall'articolo 360, primo comma, numeri 1), 2), 3) e 4), l'illustrazione di ciascun motivo si deve << concludere, a pena di inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto >>. Nel caso previsto dall'articolo 360, primo comma, n. 5), l'illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione”.

Addirittura la distinzione prevista tra il primo ed il secondo capoverso della norma fa chiaramente intendere che tra la “illustrazione del motivo” e la “formulazione del quesito” non solo possa ma debba esserci una strettissima interdipendenza, conclusione questa avvalorata poi dal fatto che la “chiara indicazione del fatto controverso” viene espressamente prevista per i soli casi previsti dal comma 1, n. 5 dell’art. 360 (vale a dire l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio).
Negli altri casi la “illustrazione dei motivi” ed il “quesito di diritto” si intrecciano ed intersecano auto sostenendosi.

Il principio di diritto di nuovissima formazione che sto criticando si coniuga con altro principio, già espresso dalla Suprema Corte in diverse pronunce, che postula la cd. “autonomia dei motivi di ricorso”.

Sia il primo che il secondo principio, entrambi astrattamente criticabili, essendo derivati da una interpretazione funzionale delle norme processuali e non strutturali, di sottendono l’esigenza di consentire alla Corte di avere una contezza piena del fatto (ove rilevante ai fini del decidere) e dei correlati motivi senza dovere andare a ricercare il nesso di congiunzione tra i motivi dedotti ed i fatti del giudizio nei meandri dei fascicoli del merito che talvolta si compongono di migliaia di pagine.
Ma cosa è pretendere che un fatto venga correlato al quesito di diritto, cose è sostenere la autonomia del ricorso, altra cosa è affermare che la correlazione sviluppata nella parte motiva del ricorso non possa poi andare ad integrare un quesito di diritto espresso (a mio avviso correttamente) in termini astratti.

Francamente più ci rifletto e più resto perplesso.

Il diritto scritto, come ho più volte detto, è una cosa, il diritto vivente è un'altra.

Il primo lo stabilisce LEGGE, il secondo GIUDIZIARIO.

Vorrei poi precisare, a scanso di equivoci, che una cosa son gli errori dei singoli ed altra cosa sono gli errori di mentalità che piegano il sistema.
Una cosa sono i filoni giurisprudenziali sui quali interviene il legislatore con le cd. leggi interpretative, ed altra cosa sono le interpretazioni libere di precetti non rinvenibili nemmeno dietro gli anfratti più oscuri delle norme.

L’utilità di questi spazi che ci sono stati gentilmente messi a disposizione è anche quella di dare la possibilità di illustrare ai cittadini il perché di certe anomalie, fermo restando che trattasi pur sempre di opinioni tecniche e personali.
Una volta travalicata l’obiezione della opinione personale (nel senso che laddove fosse riconosciuto un certo bizantinismo nelle impostazioni dei meccanismi di accesso ad una decisione di merito), occorre poi soffermarsi sulla importanza della tecnica nella economia generale dei problemi della giustizia.
Sempre secondo la mia personale opinione la tecnica contribuisce in misura significativa al raggiungimento dei risultati, non essendo in tale direzione più rilevanti le risorse impiegate ed il numero degli atleti iscritti.

E’ inutile schierare trecento sciatori ad una marcia longa, affidarli ad ottimi massaggiatori, e dotarli di ottimi sci, se poi quando gli si dice come va messa la sciolina e come vanno affrontate le curve, si ricorre a tecniche in uso ai tempi di Zenocolò.
Per quanti possano essere gli atleti, e per quanto si sforzeranno, se dovranno seguire protocolli di sciolinamento e tecnici che invece di favorire la velocità ne rallentano o addirittura ne rendono impossibile la marcia, e per quanto si sforzino di effettuare le curve assecondando ciascuno il proprio istinto, la squadra sponsorizzata dalla giustizia arriverà sempre ultima.

Gli atleti più bravi, quelli più stakanovisti, e quelli capaci di adottare una tecnica propria, sia di sciata che di sciolinamento, riusciranno ad arrivare forse più avanti, ma saranno primi tra gli ultimi.

A volte ho l’impressione che davvero ci sia chi non è ancora accorto che il “processo formulare” (quello della danza delle parole) era in vigore al tempo dei Latini.

Attendo con timore i commenti della Redazione non perché tema un intervento censoreo, ma perché trattasi di avversario schierato sull’altra sponda, e qui aggiungo un mega faccino :) conciliativo, attrezzatissimo sia in termini di tecnica pura che di strumenti dell’ars dialettica.
“IO periamo di non essere fatto troppo male” (espressione tardo gotica in uso in alcuni territori della nazione, in luogo di “speriamo che l’avversario non mi faccia troppo male”.


Un caro saluto a tutti ed un in bocca al lupo ad Alessandra

Anonimo ha detto...

Che dire?

Di nuovo i complimenti per la favoletta così poco favolistica.

La mia comprensione per le problematiche tecnico giuridiche che sono state esposte.

Fino a poco fa, si diceva che il processo penale è sempre più un percorso ad ostacoli.

Ora credo che, per l'Avvocato, lo stia diventando anche il processo civile.

Non è una gara, però, e chi perde sapendo di meritare di vincere non credo sia contento di avere solo partecipato.

Anonimo ha detto...

Alessandra per io speriamo che:)
La Giustizia non è "divina".
E' uno strumento che bisogna saper suonare, altrimenti non produce alcun suono.
La ringrazio e Le farò sapere.
Alessandra

io che speravo che :( ha detto...

Cara Alessandra è verissimo che la giustizia non è divina.
Trovo poi corretto il paragone con lo strumento. Ma purtroppo come tutti gli srumenti, anche se sei capace ed attento nel pigiare i tasti giusti, ogni tanto anche la giustizia STONA.
Il problema è cercare di farla stonare il meno possibile.
Ed il compito di accordare gli strumenti non è dei suonatori (che una volta eseguito il pezzo non possono toccare gli arnesi del mestiere) dovendo competere un po' al direttore dell'orchestra un po' al proprietario della banda ed un altro po' anche al pubblico, il quale se fischia anche quando si accorge che l'orchestra stona (e non solo se ritarda la fine dell'opera), sollecita l'attenzione dei capibanda anche sulla manutenzione degli strumenti.

Spero per Te che il Tuo strumento sarà accordato a dovere :)

Un caro saluto

IO - nel mio piccolo - speriamo di sapere suonare almeno un po'