martedì 8 marzo 2011

Chiù pila pe tutti





di Francesco Siciliano
(Avvocato del Foro di Cosenza)





Assistiamo ormai da qualche tempo ad un dibattito politico incentrato esclusivamente sulla strategia difensiva del Presidente del Consiglio rispetto al rinvio a giudizio per i reati di concussione e prostituzione minorile e, nella logica della ormai nota provocatio ad populum praticata costantemente dal gruppo dirigente del Popolo della Libertà Responsabile, ogni giorno si attua la strategia difensiva del Presidente attraverso il richiamo al popolo.

Il popolo è infatti costantemente avvertito della “persecuzione giudiziaria” ai danni di Berlusconi attuata dai magistrati che, privi di investitura popolare, perseguono il disegno di sovvertire il risultato delle urne.

In definitiva il messaggio chiaro che non solo il Presidente (legittimato alla sua difesa rispetto alle imputazioni che gli vengono contestate) ma anche i dirigenti del suo partito denunciano al popolo è che quest’ultimo è l’unico vero giudice di Berlusconi poiché la sua elezione e la sua rielezione rendono unitiliter data ogni eventuale indagine o sentenza di colpevolezza penale.

Bene ha fatto il Primo Presidente della Corte di Cassazione (nel discorso di apertura dell’anno giudiziario), prima, e il Presidente della Camera poi, a ricordare che anche la sovranità del popolo è esercitata nelle forme e nei limiti della Costituzione quasi a ribadire, ammesso che ve ne fosse bisogno, che il popolo (inteso come maggioranza) non può considerarsi al di sopra della legge, in funzione della sua volontà maggioritaria, e, ad esempio, sovvertire un potere dello Stato.

Così come, è bene ricordarlo, la giurisdizione è esercitata nelle forme prevista dalla Costituzione e l’esercizio dell’azione penale, quando ve ne siano i presupposti (notizia di reato e prove di colpevolezza da vagliare all’interno di un dibattimento), non persegue alcun fine politico, se così fosse bisognerebbe denunciare e perseguire chi esercita l’azione penale a fini di sovvertimento delle istituzioni democratiche per i reati previsti dalle leggi dello Stato quantunque si tratti di Magistrati.

Ma di ciò non vi è traccia, c’è solo il messaggio ripetuto e ossessivo al popolo che l’esercizio dell’azione penale persegue in concreto tale ipotesi, ripetuto in ogni trasmissione televisiva.

Ad esempio lo scalpitante Ministro La Russa ha espresso il concetto in più incontri televisivi così come l’On. Cicchitto che lo ha ribadito anche nell’incontro di Cosenza richiamato a Ballarò nel resoconto della settimana politica.

Il popolo, tuttavia, nella sua organizzazione statuale non solo esprime la sua volontà politica ma si organizza ed elegge i suoi rappresentanti affinché nell’azione di governo siano attuati processi di sviluppo politico nella direzione più soddisfacente dei bisogni della maggioranza.

In questa direzione viene da chiedersi se in questo momento di profonda crisi economica che colpisce in maggior misura la classe media ormai sempre più da intendere come working poor (inteso il concetto di povertà come povertà relativa), i voleri che la classe media ha inteso affidare alla maggioranza di governo siano quelli di stratificare sempre di più la società attraverso il discrimine del denaro.

Cerco di spiegare meglio il concetto. La Prima Repubblica disegnata dalla Costituzione, da studi sociologici di riconosciuto livello scientifico (vedi Pasquino in Polis, sulla mobilità di classe in Italia dal fascismo alla Repubblica), riconosceva all’istruzione il ruolo di canale fondamentale nella mobilità sociale ciò nel senso che grazie a quel canale, in Italia, vi è stato il cambio di classe di molti figli del desueto proletariato e della classe media verso la piccola e media borghesia; ciò proprio attraverso il titolo di studio e le connesse possibilità lavorative ed economiche.

Così come la precostituzione del giudice naturale e la affermata uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge ha, nel tempo, consentito ai quivis di, quantomeno provare, e a volte riuscire, reclamare i propri diritti anche nei confronti del contraente forte (è il caso ad esempio di reclami contro grandi produttori di automobili per difetti o altro).

Coerente a tale impostazione è stata ad esempio l’emanazione del codice del consumo che in deroga a tutti quei formulari che spesso ci vengono fatti firmare da Banche, Assicurazioni, Compagnie Telefoniche o Automobilistiche, ha stabilito che il Tribunale competente non può essere quello di residenza del contraente forte (che ciò prevede nei moduli o formulari e che ovviamente ha i mezzi economici per sostenere i giudizi) ma quello del consumatore che in passato per difendersi doveva anche sostenere il costo di un legale a Milano piuttosto che a Roma o altro. Insomma un federalismo rectius: decentramento della giustizia con avversario un grande gruppo o grande produttore.

Allo stesso modo l’intervento dello Stato nella scuola e nelle Università Pubbliche, seppure abbia potuto creare sacche di baronie o sperperi, dal lato del cittadino, soprattutto il meno abbiente, ha garantito quel canale di miglioramento che ha rappresentato la storie dell’evoluzione sociale graduale dell’italiano medio.

Il Governo della Libertà che gode, a sentire i maggiorenti del Partito, del sostegno degli italiani ha, di contro, attuato una controriforma del concetto di uguaglianza di possibilità per i cittadini elevando il livello economico proprio e familiare a discrimine delle possibilità di accesso ai canali di miglioramento economico e sociale.

Nella scuola, ad esempio, il Ministro Gelmini con il c.d. dimensionamento scolastico e il Maestro unico ha di fatto ridotto l’offerta formativa da 30 ore settimanali a 24 ore settimanali generando sempre più il ricorso a corsi supplementari e, soprattutto, a costi aggiuntivi per le famiglie che quotidianamente hanno necessità di ricorrere alla c.d. accoglienza pre e post orario scolastico, così come nelle Università la sacrosanta valorizzazione di Università di eccellenza non accompagnata da sostegno economico alle Università pubbliche renderà di fatto più oneroso il percorso universitario medio così che il discrimine per giungere alle professioni non sarà il merito o la perseveranza quanto il livello economico delle famiglie che, unito alla necessità di iscritti per le Università, si risolverà in una netta separazione tra Università private super qualificanti e Università Pubbliche.

Nell’ambito della giustizia giusta (il c.d. giusto processo) il Ministro Alfano ha di fatto rottamato il processo civile attraverso l’introduzione della mediazione obbligatoria civile che si risolve non in un puro e semplice strumento deflattivo erga omnes quanto in uno strumento deflattivo in funzione della capacità di spesa della parte che vuole reclamare un diritto in causa.

In altri termini la mediazione civile obbligatoria crea per il cittadino che voglia riconosciuto il suo diritto al risarcimento del danno per le infiltrazioni di acqua nella sua casa la necessità di passare attraverso l’organismo della mediazione con un costo medio di mille euro (da precisare che il credito d’imposta che ottiene è sempre in misura minore della spesa) in modo che per iniziare un giudizio civile il workin poor (il cittadino cioè che ha difficoltà ad affrontare una spesa mensile imprevista di € 2.000,00) deve spendere mediamente tremila euro.

L’effetto sarà, ovviamente, quello che la deflazione per i processi civili non riguarderà il tipo di giudizio da intentare ma sarà determinata dalla capacità economica del soggetto che ha avuto leso un diritto.

In definitiva se è vero che gran parte degli italiani sono da annoverare tra la classe media, il popolo cui si rivolge sempre il Partito del Popolo delle Libertà, deve credere nella persecuzione giudiziaria di Berlusconi e avere necessariamente chiesto al suo governo di stratificare le possibilità dell’italiano medio attraverso il suo livello economico altrimenti vi è stato necessariamente qualcuno che ha mentito ovvero non ha capito.

In questo scenario, proprio non sorprendente viste anche le chiare differenze di incassi tra Nord e Sud nel decreto milleproroghe, credo proprio che il nuovo slogan elettorale della prossima campagna elettorale debba essere CHIU’ PILA PE TUTTI, ma qualcuno questo lo persegue da tempo solo che non per tutti.






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